LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI NOVARA 
                              Sezione 1 
 
    riunita con l'intervento dei signori: 
      Martelli Luigi - Presidente e Relatore; 
      Della Rossa Claudio - Giudice; 
      Mietto Massimo - Giudice; 
    ha emesso la seguente Ordinanza 
      sul ricorso n. 112/2017; 
      depositato il 26 aprile 2017; 
      avverso SIL. /Rifiuto IVA-Altro 2015; 
      avverso SIL. /Rifiuto IVA-Altro 2016; 
    contro: 
      AG. Entrate Direzione provinciale Novara 
    proposto dal ricorrente: 
      Bolognesi Mauro, viale Dante Alighieri n. 43/E, 28100 Novara. 
    Il sig. Bolognesi  Mauro  ricorreva  nei  confronti  dell'Agenzia
delle entrate, Direzione provinciale di Novara, avverso  il  silenzio
rifiuto formatosi sull'istanza di rimborso dell'IVA pagata negli anni
2015 e 2016 sulle accise della fornitura  domestica  residenziale  di
energia elettrica. 
    Preliminarmente  eccepiva   la   violazione   dei   principi   di
indipendenza e di imparzialita' del Giudice Tributario, in quanto,  a
giudizio del  ricorrente,  l'attuale  situazione  di  dipendenza  dal
Ministero dell'economia e finanza  (MEF)  dei  giudici  tributari  si
porrebbe in contrasto con il combinato disposto di cui agli artt. 3 e
111 della Cost. e  dall'art.  6  della  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo. 
    La Commissione, 
      ritenuto di dover garantire al  ricorrente  l'applicazione  del
principio del «giusto  processo»,  attualmente  escluso  per  effetto
delle disposizioni dei commi 1,  2  e  3  dell'art.  13  del  decreto
legislativo n. 545/1992, nella parte in  cui  prevedono  che  sia  il
Ministro delle finanze con proprio decreto a determinare il  compenso
fisso mensile spettante ai componenti delle  commissioni  tributarie,
in quanto e' stato ritenuto contrario al  principio  di  indipendenza
che elementi decisivi per  il  mantenimento  di  un  tenore  di  vita
decoroso  del  giudice  dipendessero  da  scelte   gestionali   della
autorita' governativa (Corte EDU,  27  novembre  2008,  Miroshnik  c.
Ukraine), e dunque appare evidente che la corresponsione  ai  giudici
tributari di compensi non adeguati mette a serio  rischio  l'immagine
di relativa indipendenza e soprattutto imparzialita' verso l'esterno; 
      dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione
di legittimita'  dei  commi  1,  2  e  3  dell'art.  13  del  decreto
legislativo n. 545/1992, nella parte in cui prevedono che 
        «1. Il Ministro delle finanze con proprio decreto di concerto
con il Ministro  del  tesoro  determina  il  compenso  fisso  mensile
spettante ai componenti delle commissioni tributarie; 
        2. Con il decreto di  cui  al  comma  1,  oltre  al  compenso
mensile viene determinato un compenso  aggiuntivo  per  ogni  ricorso
definito,  anche  se  riunito  ad  altri  ricorsi,  secondo   criteri
uniformi, che debbono  tener  conto  delle  funzioni  e  dell'apporto
attivita' di ciascuno alla trattazione della  controversia,  compresa
la deliberazione e redazione della sentenza, nonche', per i residenti
in comuni diversi della stessa regione da quello in cui  ha  sede  la
commissione, delle spese sostenute per l'intervento alle sedute della
commissione.  Il  compenso  e'  liquidato  in   relazione   ad   ogni
provvedimento emesso; 
        3. La liquidazione dei compensi e' disposta  dalla  direzione
regionale  delle  entrate  nella  cui  circoscrizione  ha   sede   la
commissione tributaria di appartenenza ed i pagamenti  relativi  sono
fatti dal dirigente responsabile della  segreteria  del  commissione,
quale funzionario delegato cui sono accreditati i fondi necessari». 
    Per contrasto con gli artt. 111 Cost. ed i principi  dell'art.  6
della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti  dell'uomo,
come meglio si esporra' nel dispositivo. 
    Infatti, come sopra evidenziato, e' stato ritenuto  contrario  al
principio di indipendenza che elementi decisivi per  il  mantenimento
di un tenore di vita decoroso  del  giudice  dipendessero  da  scelte
gestionali della autorita'  governativa,  in  un  sistema  nel  quale
spettava al ministro fornire la sistemazione logistica  personale  ai
giudici (CEDU 27 novembre 2008, Miroshnik v. Ukraine). 
    Da quanto precede emerge, in punto di rilevanza della  questione,
che i parametri internazionali predetti sono direttamente applicabili
nel presente processo, siccome esso  si  controverte  in  materia  di
tributi armonizzati. 
    Ai fini della tutela della apparenza di indipendenza,  lo  status
economico  attuale  d  giudice   tributario   riguarda   un   profilo
costituzionale non manifestamente infondato. 
    Infatti non supera il  test  di  compatibilita'  con  la  CEDU  e
determina  un  autonomo  profilo   di   questione   di   legittimita'
costituzionale non manifestamente infondata, il trattamento economico
del giudice tributario sotto un duplice profilo. 
    Da un lato esso e' determinato  con  provvedimento  della  stessa
amministrazione  i  cui  provvedimenti  sono  soggetti  al  controllo
giurisdizionale, dall'altro esso non  appare  determinato  in  misura
adeguata. 
    Sotto il primo profilo  la  non  apparente  indipendenza  risulta
addirittura marchiana se si osserva che il fatto che la  retribuzione
sia  determinata  dall'autorita'  di  vertice  della  amministrazione
soggetta a controllo costituisce una apparenza di potere di pressione
addirittura manifesta. Inoltre:  «la  liquidazione  dei  compensi  e'
disposta  dalla  direzione  regionale  delle   entrate,   nella   cui
circoscrizione ha sede la commissione tributaria di appartenenza ed i
pagamenti  relativi  sono  fatti  dal  dirigente  responsabile  della
segreteria della commissione, quale  funzionario  delegato  cui  sono
accreditati i fondi necessari» (decreto legislativo n. 545/1992, art.
13 comma 3). 
    Il compenso e'  determinato  dal  vertice  della  amministrazione
controllata,  la  liquidazione  e'  disposta  dall'organo  cui   sono
imputabile la piu' gran parte degli atti  impugnati  e  il  pagamento
effettuato   materialmente   dall'organo   ausiliario   del   giudice
istituzionalmente dipendente dalla amministrazione controllata. 
    Sotto il secondo  profilo,  rammentato  che,  e'  stato  ritenuto
contrario al principio di indipendenza che elementi decisivi  per  il
mantenimento di un tenore di vita decoroso del  giudice  dipendessero
da scelte gestionali della autorita' governativa  (CEDU  27  novembre
2008, Miroshnik v. Ukraine), appare evidente che la corresponsione ai
giudici tributari di compensi non  adeguati  mette  a  serio  rischio
l'immagine di relativa indipendenza e soprattutto imparzialita' verso
l'esterno. 
    Da quanto sopra precede risulta che sussiste lo spazio  giuridico
che non solo consente, ma  anzi  impone,  al  Giudice  tributario  di
sollevare una eccezione di legittimita' costituzionale. Non  solo  e'
preciso  dovere  giuridico  del  Giudice  tributario  presidiare   il
rispetto,  da  parte  della  normativa   di   legge,   dei   principi
fondamentali contenuti nella Carta Fondamentale.  Egli  ha  anche  il
preciso dovere di tutelare anche l'interesse dello  Stato  a  evitare
violazioni del diritto internazionale che comporterebbero un illecito
internazionale e l'obbligo per lo Stato di  indennizzare  le  vittime
della violazione. 
    Non vi e' dubbio che nella presente  fattispecie  intanto,  siano
direttamente applicabili, come  parametro  di  costituzionalita',  le
norme della Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo (Cvedu), e in particolare l'art. 6. 
    Come  sopra  dettagliatamente  argomentato  tale   parametro   e'
comunque applicabile a  tutti  i  processi  tributari,  quale  quello
presente, nei quali siano in gioco  tributi  armonizzati,  quindi  di
rilevanza europea. 
    Per  quanto  riguarda  le  norme  sospettate  di   illegittimita'
costituzionale va detto che non si tratta, in  effetti,  delle  norme
che disciplinano il  merito  della  controversia  da  decidere,  ne',
propriamente,  delle  norme  che  disciplinano  lo  svolgimento   del
processo, ma di altra tipologia di  norme,  ugualmente  fondamentali,
rilevanti  e  processuali,  che  dovrebbero,  in  caso  di   rilevata
violazione della indipendenza consentire il rimedio  alla  violazione
del principio di indipendenza. 
    E' del tutto evidente che queste  norme  possano  e,  soprattutto
debbano   essere   oggetto   dello    scrutinio    di    legittimita'
costituzionale. 
    Altrimenti il legislatore potrebbe costituire  una  giurisdizione
illegittima  (perche'  non   indipendente   o   per   altri   motivi)
sottraendosi al controllo della Corte delle leggi solo assumendo  che
le norme considerate non sarebbero norme direttamente  applicate  dal
giudice nel processo ma solo norme che costituiscono il  giudice  del
processo. Altrimenti il legislatore potrebbe, senza freno e controllo
della Corte delle leggi, violare gli  obblighi  internazionali  dello
Stato e violare la norma sacrale del giusto processo. 
    Tanto premesso, le norme che determinano una  situazione  di  non
apparente indipendenza e costituiscano un giudice non  apparentemente
imparziale sono le seguenti: decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.
545, art. 13, corrimi 1, 2 e 3, per quanto attiene alla lesione della
apparenza di indipendenza sotto il profilo dell'assetto dei poteri di
determinazione  del  trattamento  economico,  sotto  il  profilo   di
prevedere  la  determinazione,  liquidazione  e  amministrazione  del
compenso da parte della stessa amministrazione cui appartengono anche
gli  organi  che  emettono   gli   atti   sottoposti   al   controllo
giurisdizionale, con  lesione  della  apparenza  di  indipendenza  in
conformita' alla giurisprudenza della CEDU sopra citata. 
    Puo' solo soggiungersi che le norme denunciate non si prestano  a
una   interpretazione   costituzionalmente   orientata   che    eviti
l'elevazione della questione di legittimita' costituzionale. 
    Le norme che disciplinano il trattamento  economico  del  giudice
tributario sono inequivoche e solo un intervento del tutto «creativo»
certamente  sottratto  ai  poteri  del  Giudice  tributario  potrebbe
ipotizzare un inquadramento economico diverso da quello  cogentemente
ed  espressamente  sancito  dalle  norme  denunciate.  Tale   diverso
inquadramento e definizione, del resto,  non  e'  ipotizzata  in  via
interpretativa  neppure  dalla  dottrina   piu'   avanzata   e   pare
ermeneuticamente del tutto impossibile. 
    Le norme che prevedono i rimedi processuali, invece, non solo non
si prestano a una interpretazione  differente  ma  essa  sarebbe  del
tutto inutile, atteso che, poiche' il vizio di costituzione  riguarda
non il singolo giudice ma il complesso di essi,  anche  l'attivazione
del rimedio processuale da parte dei  singoli  componenti  di  questo
Collegio non potrebbe determinare in alcun  modo  l'eliminazione  del
sospettato assetto lesivo dei diritti costituzionali  e  fondamentali
sopra denunciato.